Se agli inizi del Cinquecento Salerno era una città molto attiva dal punto di vista economico e culturale grazie alla politica del principe Ferrante Sanseverino, non altrettanto si può dire per la chiesa salernitana che al pari delle altre città dell’Italia meridionale presentava uno stato di abbandono e di decadenza ampiamente disapprovato dai fedeli. La mancanza di un controllo stabile era favorita dal fatto che i vescovi svolgevano più il ruolo di ambasciatori diplomatici che di pastori delle comunità.
La rinascita della chiesa salernitana si ebbe con Girolamo Seripando, nominato arcivescovo dal papa Giulio II nel 1554: fu l’autentico protagonista di una rigida e sostanziale ortodossia in un’epoca contrassegnata da profonda incertezza dogmatico-religiosa. Preoccupazione dell’arcivescovo fu quella di riformare al più presto la vita della diocesi sotto tutti i punti di vista: il Sinodo, la riforma dei monasteri femminili – grandi scandali, infatti, vi si perpetravano all’interno, come ad esempio l’inosservanza della clausura da parte di alcune monache –, la visita pastorale, la condizione delle parrocchie costituirono, tra gli altri, i punti salienti del suo programma di lavoro.
Due mesi dopo il suo ingresso in diocesi celebrò il Sinodo le cui costituzioni regolarono la pastorale locale stabilendo orientamenti e norme comuni per il clero. In particolare si sanzionò il divieto per i sacerdoti di passeggiare per la chiesa o per la sacrestia o di celebrare le messe in case private; proibì la partecipazione dei preti a banchetti e spettacoli oltre a rinnovare l’ordine di perseguitare qualsiasi pratica di negromanzia o di divinazione.
Nucleo centrale della sua attività pastorale fu senza dubbio la predicazione fondata sulla preghiera del Padre Nostro che era caduta in sospetto di eresia dopo la versione volgare commentata da Lutero; impetuosi e violenti furono, nelle sue prediche, gli attacchi e le condanne alla mondanità ed esteriorità superficiale di alcuni rappresentanti del clero.
A Girolamo Seripando, uomo di altissima cultura, sono, poi, strettamente legati due eventi rilevanti: la creazione della Biblioteca di S. Giovanni a Carbonara a Napoli e la Stamperia del Popolo Romano.
La Biblioteca era costituita da un ricco patrimonio librario di codici, testi classici greci e latini nonché pregiati manoscritti; quel che resta della biblioteca costituisce oggi il prezioso Fondo Seripando della Biblioteca Nazionale di Napoli, tra i più importanti della tradizione umanistico-rinascimentale.
Relativamente alla Stamperia, fu un’iniziativa fortemente voluta dal Seripando per una causa decisamente religiosa: favorire la circolazione dei libri cosiddetti emendati e restituire al mondo cristiano le migliori edizioni delle Sacre Scritture in contrapposizione all’aspetto negativo della proibizione e della censura dei libri eretici da parte del Sant’Uffizio.
Fu proprio in considerazione del suo impegno religioso e della sua cultura che il papa Pio IV lo nominò cardinale nel 1561 facendolo intervenire al Concilio di Trento.
Se agli inizi del Cinquecento Salerno era una città molto attiva dal punto di vista economico e culturale grazie alla politica del principe Ferrante Sanseverino, non altrettanto si può dire per la chiesa salernitana che al pari delle altre città dell’Italia meridionale presentava uno stato di abbandono e di decadenza ampiamente disapprovato dai fedeli. La mancanza di un controllo stabile era favorita dal fatto che i vescovi svolgevano più il ruolo di ambasciatori diplomatici che di pastori delle comunità.
La rinascita della chiesa salernitana si ebbe con Girolamo Seripando, nominato arcivescovo dal papa Giulio II nel 1554: fu l’autentico protagonista di una rigida e sostanziale ortodossia in un’epoca contrassegnata da profonda incertezza dogmatico-religiosa. Preoccupazione dell’arcivescovo fu quella di riformare al più presto la vita della diocesi sotto tutti i punti di vista: il Sinodo, la riforma dei monasteri femminili – grandi scandali, infatti, vi si perpetravano all’interno, come ad esempio l’inosservanza della clausura da parte di alcune monache –, la visita pastorale, la condizione delle parrocchie costituirono, tra gli altri, i punti salienti del suo programma di lavoro.
Due mesi dopo il suo ingresso in diocesi celebrò il Sinodo le cui costituzioni regolarono la pastorale locale stabilendo orientamenti e norme comuni per il clero. In particolare si sanzionò il divieto per i sacerdoti di passeggiare per la chiesa o per la sacrestia o di celebrare le messe in case private; proibì la partecipazione dei preti a banchetti e spettacoli oltre a rinnovare l’ordine di perseguitare qualsiasi pratica di negromanzia o di divinazione.
Nucleo centrale della sua attività pastorale fu senza dubbio la predicazione fondata sulla preghiera del Padre Nostro che era caduta in sospetto di eresia dopo la versione volgare commentata da Lutero; impetuosi e violenti furono, nelle sue prediche, gli attacchi e le condanne alla mondanità ed esteriorità superficiale di alcuni rappresentanti del clero.
A Girolamo Seripando, uomo di altissima cultura, sono, poi, strettamente legati due eventi rilevanti: la creazione della Biblioteca di S. Giovanni a Carbonara a Napoli e la Stamperia del Popolo Romano.
La Biblioteca era costituita da un ricco patrimonio librario di codici, testi classici greci e latini nonché pregiati manoscritti; quel che resta della biblioteca costituisce oggi il prezioso Fondo Seripando della Biblioteca Nazionale di Napoli, tra i più importanti della tradizione umanistico-rinascimentale.
Relativamente alla Stamperia, fu un’iniziativa fortemente voluta dal Seripando per una causa decisamente religiosa: favorire la circolazione dei libri cosiddetti emendati e restituire al mondo cristiano le migliori edizioni delle Sacre Scritture in contrapposizione all’aspetto negativo della proibizione e della censura dei libri eretici da parte del Sant’Uffizio.
Fu proprio in considerazione del suo impegno religioso e della sua cultura che il papa Pio IV lo nominò cardinale nel 1561 facendolo intervenire al Concilio di Trento.