Qualunque epoca si consideri, gli uomini hanno sempre detenuto il monopolio del sapere, della politica stabilendo le regole del vivere civile. Non c’era spazio per le donne così come non era presa in considerazione la realtà familiare, domestica di tutti i giorni ritenuta insignificante rispetto all’importanza della vita pubblica e dei grandi avvenimenti economici e politici.
Al tempo dei Longobardi, al cui dominio fu sottoposta anche Salerno, la vita della donna era un riflesso di quella dell’uomo; ciascuno aveva potere su di lei, che consisteva nel controllare e autorizzare gli atti più importanti che ella intraprendeva. Mundualdus era l’appellativo con cui veniva identificata la figura maschile che effettuava questa vigilanza, fungendo da garante.
Questa “regola” trova conferma anche nel Chronicum salernitanum, un componimento medioevale che racconta le gesta dei principi longobardi, signori di Salerno, nel quale viene espressamente riferito che le donne dovevano sottostare alla tutela dell’uomo in quanto ingannate dalla volubilità dell’animo.
Alcuni personaggi femminili, però, riuscirono a trasgredire tali norme ed evadere dall’ambito familiare; è il caso di Trotula De Ruggiero, vissuta nell’XI secolo proprio a Salerno, al tempo dei principi longobardi Guaimario IV e Gisulfo II, quando la Scuola Medica si costruiva la sua fama e grazie a quest’ultima la città divenne un centro culturale di primissimo piano.
Trotula, appartenente ad una famiglia patrizia molto influente, ebbe la possibilità di frequentare la Scuola e ne divenne “Magistra” – come viene definita in alcune opere di medicina –, sorprendendo i medici con i suoi discorsi che venivano considerati delle vere e proprie lezioni universitarie.
In particolare affrontava questioni e problemi di ginecologia, illustrando i difficili momenti del parto; è probabile che il suo bagaglio di conoscenze derivasse dalla sua personale esperienza, impegnata nell’alleviare e curare varie malattie femminili, nonché quelle dei neonati.
Per evitare che le sue nozioni di medicina pratica venissero dimenticate, decise di trascriverle in un trattato, il De mulierum passionibus – Sulle malattie delle donne –, che diventerà uno dei testi più importanti e significativi della Scuola Medica Salernitana. La protagonista del prezioso volume è la donna sofferente, nel tempo in cui è gravida ed anche i pericoli connessi al parto trovano ampio spazio nella trattazione. I rimedi, molto ingenui, consistevano nella somministrazione di pomate e sciroppi a base di erbe bollite che rappresentavano le uniche cure e terapie possibili.
Più che evidenti i meriti di questa donna salernitana che intuì anche i problemi di pediatria prestando attenzione alle tappe fondamentali dei primi anni di vita del neonato: dallo svezzamento all’attività percettiva.
Una singolare eccezione, dunque, nel panorama della società medioevale che non si curava affatto né dei neonati né delle esigenze delle loro mamme non prestando alcuna attenzione alle loro condizioni di vita.
Qualunque epoca si consideri, gli uomini hanno sempre detenuto il monopolio del sapere, della politica stabilendo le regole del vivere civile. Non c’era spazio per le donne così come non era presa in considerazione la realtà familiare, domestica di tutti i giorni ritenuta insignificante rispetto all’importanza della vita pubblica e dei grandi avvenimenti economici e politici.
Al tempo dei Longobardi, al cui dominio fu sottoposta anche Salerno, la vita della donna era un riflesso di quella dell’uomo; ciascuno aveva potere su di lei, che consisteva nel controllare e autorizzare gli atti più importanti che ella intraprendeva. Mundualdus era l’appellativo con cui veniva identificata la figura maschile che effettuava questa vigilanza, fungendo da garante.
Questa “regola” trova conferma anche nel Chronicum salernitanum, un componimento medioevale che racconta le gesta dei principi longobardi, signori di Salerno, nel quale viene espressamente riferito che le donne dovevano sottostare alla tutela dell’uomo in quanto ingannate dalla volubilità dell’animo.
Alcuni personaggi femminili, però, riuscirono a trasgredire tali norme ed evadere dall’ambito familiare; è il caso di Trotula De Ruggiero, vissuta nell’XI secolo proprio a Salerno, al tempo dei principi longobardi Guaimario IV e Gisulfo II, quando la Scuola Medica si costruiva la sua fama e grazie a quest’ultima la città divenne un centro culturale di primissimo piano.
Trotula, appartenente ad una famiglia patrizia molto influente, ebbe la possibilità di frequentare la Scuola e ne divenne “Magistra” – come viene definita in alcune opere di medicina –, sorprendendo i medici con i suoi discorsi che venivano considerati delle vere e proprie lezioni universitarie.
In particolare affrontava questioni e problemi di ginecologia, illustrando i difficili momenti del parto; è probabile che il suo bagaglio di conoscenze derivasse dalla sua personale esperienza, impegnata nell’alleviare e curare varie malattie femminili, nonché quelle dei neonati.
Per evitare che le sue nozioni di medicina pratica venissero dimenticate, decise di trascriverle in un trattato, il De mulierum passionibus – Sulle malattie delle donne –, che diventerà uno dei testi più importanti e significativi della Scuola Medica Salernitana. La protagonista del prezioso volume è la donna sofferente, nel tempo in cui è gravida ed anche i pericoli connessi al parto trovano ampio spazio nella trattazione. I rimedi, molto ingenui, consistevano nella somministrazione di pomate e sciroppi a base di erbe bollite che rappresentavano le uniche cure e terapie possibili.
Più che evidenti i meriti di questa donna salernitana che intuì anche i problemi di pediatria prestando attenzione alle tappe fondamentali dei primi anni di vita del neonato: dallo svezzamento all’attività percettiva.
Una singolare eccezione, dunque, nel panorama della società medioevale che non si curava affatto né dei neonati né delle esigenze delle loro mamme non prestando alcuna attenzione alle loro condizioni di vita.