Edificate tra la seconda metà del XVI secolo ed i primi decenni del secolo successivo, le torri costiere – dalla tipologia per lo più quadrata – si diversificavano a seconda della dimensione e della funzione espletata. Erano fondamentali soprattutto per l’avvistamento e la segnalazione di eventuali sbarchi da parte dei predoni del mare e, di conseguenza, la possibilità di poter fronteggiare il nemico consentendo agli abitanti di armarsi o di fuggire. Anche la dislocazione delle torri, a distanza l’una dall’altra, era particolarmente strategica per scorgere i segnali emessi dall’una e dall’altra (fumo di giorno o fuoco di notte).
In tal senso si colloca il Forte La Carnale – alla foce dell’Irno –: una torre di avvistamento “cavallaria”, denominata così in quanto partivano da essa i cavallari, cioè uomini a cavallo con il compito di mantenere i collegamenti tra una torre e l’altra. La sua funzione è altresì testimoniata anche dalla presenza di alloggiamenti muniti di ferri nelle murature, rinvenuti in restauri recenti.
L’origine del nome “Carnale” è ignota; alcune ipotesi lo fanno derivare dall’etimo arabo “Kerna” – pietra – col quale si indicavano luoghi scoscesi come il colle su cui sorge il forte. Altre fonti lo riportano al fatto che nella zona venivano inumati i cadaveri dei nullatenenti o anche alla strage dei Saraceni avvenuta nell’872.
Fino alla metà del secolo XVII tale impianto rimase immutato. Storicamente il bastione ebbe un ruolo importante nel periodo delle insurrezioni popolari scoppiate nel luglio del 1647 a Napoli contro gli spagnoli capeggiati dall’amalfitano Masaniello. L’8 dicembre dello stesso anno, infatti, alcuni salernitani insorsero contro gli Spagnoli riuscendo a conquistare il controllo della città; a capeggiare la rivolta antispagnola, Ippolito di Pastina – il Masaniello salernitano – che fece proprio del forte Carnale la sua base operativa.
Nel corso dei secoli successivi la fortezza subì profonde trasformazioni; nell’800 fu denominato per qualche tempo “Forte San Giuseppe” e la torre di avvistamento sostituita da un più piccolo corpo e da un terrazzino.
Utilizzato perlopiù come osservatorio di manovre militari, fino al 1924 fu anche impiegato come deposito di munizioni tanto che lo stesso sito è tradizionalmente conosciuto anche dai salernitani con il termine di “Polveriera”.
Edificate tra la seconda metà del XVI secolo ed i primi decenni del secolo successivo, le torri costiere – dalla tipologia per lo più quadrata – si diversificavano a seconda della dimensione e della funzione espletata. Erano fondamentali soprattutto per l’avvistamento e la segnalazione di eventuali sbarchi da parte dei predoni del mare e, di conseguenza, la possibilità di poter fronteggiare il nemico consentendo agli abitanti di armarsi o di fuggire. Anche la dislocazione delle torri, a distanza l’una dall’altra, era particolarmente strategica per scorgere i segnali emessi dall’una e dall’altra (fumo di giorno o fuoco di notte).
In tal senso si colloca il Forte La Carnale – alla foce dell’Irno –: una torre di avvistamento “cavallaria”, denominata così in quanto partivano da essa i cavallari, cioè uomini a cavallo con il compito di mantenere i collegamenti tra una torre e l’altra. La sua funzione è altresì testimoniata anche dalla presenza di alloggiamenti muniti di ferri nelle murature, rinvenuti in restauri recenti.
L’origine del nome “Carnale” è ignota; alcune ipotesi lo fanno derivare dall’etimo arabo “Kerna” – pietra – col quale si indicavano luoghi scoscesi come il colle su cui sorge il forte. Altre fonti lo riportano al fatto che nella zona venivano inumati i cadaveri dei nullatenenti o anche alla strage dei Saraceni avvenuta nell’872.
Fino alla metà del secolo XVII tale impianto rimase immutato. Storicamente il bastione ebbe un ruolo importante nel periodo delle insurrezioni popolari scoppiate nel luglio del 1647 a Napoli contro gli spagnoli capeggiati dall’amalfitano Masaniello. L’8 dicembre dello stesso anno, infatti, alcuni salernitani insorsero contro gli Spagnoli riuscendo a conquistare il controllo della città; a capeggiare la rivolta antispagnola, Ippolito di Pastina – il Masaniello salernitano – che fece proprio del forte Carnale la sua base operativa.
Nel corso dei secoli successivi la fortezza subì profonde trasformazioni; nell’800 fu denominato per qualche tempo “Forte San Giuseppe” e la torre di avvistamento sostituita da un più piccolo corpo e da un terrazzino.
Utilizzato perlopiù come osservatorio di manovre militari, fino al 1924 fu anche impiegato come deposito di munizioni tanto che lo stesso sito è tradizionalmente conosciuto anche dai salernitani con il termine di “Polveriera”.