Un cimelio di inestimabile valore è posseduto dalla chiesa di Salerno ed è possibile ammirarlo presso il Museo Diocesano della città: si tratta degli Avori databili alla prima metà del secolo XII che rappresentano una delle più notevoli opere d’arte medievale nell’Italia meridionale e sicuramente il più vasto ciclo eburneo che dal Medioevo sia giunto ai nostri giorni.
Questa preziosa raccolta di tavolette d’avorio – 69 pezzi – comprende la raffigurazione di un ciclo di episodi che dalla Separazione della Luce dalle Tenebre – il primo giorno della Creazione – termina con la missione degli Apostoli. A dare sostanza all’intero racconto teologico contribuiscono ben 37 formelle rettangoli nelle quali sono raffigurati sempre 2 episodi a cui si aggiungono medaglioni di apostoli e svariati frammenti di cornici. Il risultato è la presenza di 74 scene che si riferiscono ad episodi del Vecchio e del Nuovo Testamento.
Dagli inizi del XVIII secolo fino all’ultimo conflitto mondiale le tavolette erano presenti nella cappella del Tesoro del duomo di Salerno; soltanto dopo la guerra sono state esposte nel Museo diocesano.
Restano aperti ed incerti tutti i problemi riguardanti questa straordinaria opera: la sua effettiva cultura artistica; l’individuazione dei maestri che hanno contribuito alla realizzazione dell’intero ciclo – sembrerebbe infatti che per le singole specificità, per la definizione degli spazi e per l’articolazione delle scene abbia concorso alla realizzazione una bottega di più maestri con alcuni collaboratori –; il luogo in cui fu concepito e prodotto – Salerno o Amalfi –.
Numerose sono state le ipotesi sulla destinazione fisica degli avori: una ricostruzione sulla base della forma delle tavolette li collocherebbe ad un paliotto, cioè il rivestimento che copre la parte anteriore dell’altare di fattura medievale. La datazione proposta – cioè il terzo o quarto decennio del XII secolo – coincide, poi, con la realtà storica: in questo periodo, infatti, sotto l’episcopato di Romualdo I ci fu un intervento sul pavimento del transetto del duomo e non risulta improbabile un abbellimento anche dell’altare maggiore.
Anche un’analisi concettuale, infine, può avvalorare il periodo storico di produzione; si può constatare, infatti, come la narrazione degli episodi contenuti nell’opera eburnea risponda ad un’esigenza di illustrare il progetto di Dio nei confronti dell’umanità: dal peccato originale ad una costante promessa di salvezza (Noè, Abramo, Isacco, Mosè) fino all’espressione più alta di redenzione con il sacrificio di Cristo. Un progetto che trova ampia diffusione nella produzione figurativa del periodo della Riforma Gregoriana fra l’XI e il XII secolo, soprattutto con la raffigurazione del peccato originale e della Crocifissione come sua espiazione.
Un cimelio di inestimabile valore è posseduto dalla chiesa di Salerno ed è possibile ammirarlo presso il Museo Diocesano della città: si tratta degli Avori databili alla prima metà del secolo XII che rappresentano una delle più notevoli opere d’arte medievale nell’Italia meridionale e sicuramente il più vasto ciclo eburneo che dal Medioevo sia giunto ai nostri giorni.
Questa preziosa raccolta di tavolette d’avorio – 69 pezzi – comprende la raffigurazione di un ciclo di episodi che dalla Separazione della Luce dalle Tenebre – il primo giorno della Creazione – termina con la missione degli Apostoli. A dare sostanza all’intero racconto teologico contribuiscono ben 37 formelle rettangoli nelle quali sono raffigurati sempre 2 episodi a cui si aggiungono medaglioni di apostoli e svariati frammenti di cornici. Il risultato è la presenza di 74 scene che si riferiscono ad episodi del Vecchio e del Nuovo Testamento.
Dagli inizi del XVIII secolo fino all’ultimo conflitto mondiale le tavolette erano presenti nella cappella del Tesoro del duomo di Salerno; soltanto dopo la guerra sono state esposte nel Museo diocesano.
Restano aperti ed incerti tutti i problemi riguardanti questa straordinaria opera: la sua effettiva cultura artistica; l’individuazione dei maestri che hanno contribuito alla realizzazione dell’intero ciclo – sembrerebbe infatti che per le singole specificità, per la definizione degli spazi e per l’articolazione delle scene abbia concorso alla realizzazione una bottega di più maestri con alcuni collaboratori –; il luogo in cui fu concepito e prodotto – Salerno o Amalfi –.
Numerose sono state le ipotesi sulla destinazione fisica degli avori: una ricostruzione sulla base della forma delle tavolette li collocherebbe ad un paliotto, cioè il rivestimento che copre la parte anteriore dell’altare di fattura medievale. La datazione proposta – cioè il terzo o quarto decennio del XII secolo – coincide, poi, con la realtà storica: in questo periodo, infatti, sotto l’episcopato di Romualdo I ci fu un intervento sul pavimento del transetto del duomo e non risulta improbabile un abbellimento anche dell’altare maggiore.
Anche un’analisi concettuale, infine, può avvalorare il periodo storico di produzione; si può constatare, infatti, come la narrazione degli episodi contenuti nell’opera eburnea risponda ad un’esigenza di illustrare il progetto di Dio nei confronti dell’umanità: dal peccato originale ad una costante promessa di salvezza (Noè, Abramo, Isacco, Mosè) fino all’espressione più alta di redenzione con il sacrificio di Cristo. Un progetto che trova ampia diffusione nella produzione figurativa del periodo della Riforma Gregoriana fra l’XI e il XII secolo, soprattutto con la raffigurazione del peccato originale e della Crocifissione come sua espiazione.