Nel 954, sotto il principato di Gisulfo I, si ebbe l’avvenimento religioso più importante della storia sacra di Salerno. Nei pressi dell’antica Casalicchio (oggi Casalvelino), in una località detta “ad duo flumina” (il Fiumarello e l’Alento) fu rinvenuto il corpo di San Matteo, ritrovato miracolosamente da una vedova e da suo figlio, avvertiti dallo stesso Apostolo con un sogno premonitore.
Le reliquie sarebbero state trovate nel IV secolo (secondo alcune fonti nei pressi del mar d’Azov, secondo altre in Bretagna) e trasportate a Velia. Quando questa città fu invasa prima dai Barbari e poi dai Saraceni, gli abitanti fuggirono portando con sé le preziose spoglie che nascosero all’incrocio dei due fiumi, dove furono dimenticate fino appunto al 954. Il vescovo di Paestum, che aveva all’epoca la propria sede a Capaccio, ordinò che il corpo fosse trasferito e sepolto in quella città suscitando la vibrante protesta dei cittadini di Velia che consideravano quest’atto un’appropriazione fraudolenta e richiesero la restituzione del corpo del Santo che avevano sottratto ai Barbari. Fu chiamato in causa direttamente il principe Gisulfo I, il quale però decise che le reliquie fossero traslate a Salerno; si tramanda che in quel giorno – 6 maggio del 954 – si sia verificato, nel cofanetto che conteneva i resti del Santo, il fenomeno della "manna", un liquido miracoloso che trasudava dal corpo e dalle ossa e che venne raccolto in un’anfora d’argento. Da quell’evento, ogni anno, in due occasioni (l’anniversario della traslazione e durante la festa patronale del 21 settembre) veniva raccolta la miracolosa secrezione che, similmente a quanto avviene a Napoli con il miracolo della liquefazione del sangue di San Gennaro, nel caso fosse stata copiosa avrebbe garantito un periodo di pace e prosperità.
Per oltre un secolo non si ebbero notizie delle reliquie in quanto Gisulfo II, ultimo principe longobardo di Salerno, temendo che le stesse potessero essere trafugate, le nascose; fu Alfano I, arcivescovo di Salerno, che nel 1079 rinvenne nella vecchia basilica la tomba di San Matteo. Tale scoperta determinò una decisa accelerazione dei lavori per la nuova – ed attuale – Cattedrale voluta dal duca normanno, Roberto il Guiscardo, e nel luglio del 1084, alla presenza del papa Gregorio VII in persona, si procedette in modo solenne alla sistemazione e consacrazione delle reliquie nella Cripta del Duomo dove sono tuttora custodite.
Nel 954, sotto il principato di Gisulfo I, si ebbe l’avvenimento religioso più importante della storia sacra di Salerno. Nei pressi dell’antica Casalicchio (oggi Casalvelino), in una località detta “ad duo flumina” (il Fiumarello e l’Alento) fu rinvenuto il corpo di San Matteo, ritrovato miracolosamente da una vedova e da suo figlio, avvertiti dallo stesso Apostolo con un sogno premonitore.
Le reliquie sarebbero state trovate nel IV secolo (secondo alcune fonti nei pressi del mar d’Azov, secondo altre in Bretagna) e trasportate a Velia. Quando questa città fu invasa prima dai Barbari e poi dai Saraceni, gli abitanti fuggirono portando con sé le preziose spoglie che nascosero all’incrocio dei due fiumi, dove furono dimenticate fino appunto al 954. Il vescovo di Paestum, che aveva all’epoca la propria sede a Capaccio, ordinò che il corpo fosse trasferito e sepolto in quella città suscitando la vibrante protesta dei cittadini di Velia che consideravano quest’atto un’appropriazione fraudolenta e richiesero la restituzione del corpo del Santo che avevano sottratto ai Barbari. Fu chiamato in causa direttamente il principe Gisulfo I, il quale però decise che le reliquie fossero traslate a Salerno; si tramanda che in quel giorno – 6 maggio del 954 – si sia verificato, nel cofanetto che conteneva i resti del Santo, il fenomeno della "manna", un liquido miracoloso che trasudava dal corpo e dalle ossa e che venne raccolto in un’anfora d’argento. Da quell’evento, ogni anno, in due occasioni (l’anniversario della traslazione e durante la festa patronale del 21 settembre) veniva raccolta la miracolosa secrezione che, similmente a quanto avviene a Napoli con il miracolo della liquefazione del sangue di San Gennaro, nel caso fosse stata copiosa avrebbe garantito un periodo di pace e prosperità.
Per oltre un secolo non si ebbero notizie delle reliquie in quanto Gisulfo II, ultimo principe longobardo di Salerno, temendo che le stesse potessero essere trafugate, le nascose; fu Alfano I, arcivescovo di Salerno, che nel 1079 rinvenne nella vecchia basilica la tomba di San Matteo. Tale scoperta determinò una decisa accelerazione dei lavori per la nuova – ed attuale – Cattedrale voluta dal duca normanno, Roberto il Guiscardo, e nel luglio del 1084, alla presenza del papa Gregorio VII in persona, si procedette in modo solenne alla sistemazione e consacrazione delle reliquie nella Cripta del Duomo dove sono tuttora custodite.